martedì 29 marzo 2011

Io non morirò mai


Liberamente ispirata dal concerto di Roberto Cacciapaglia al Teatro Camploy di Verona.

 “La ringrazio per quello che non ha detto.”
Rispose “Ho ancora molto da non dire.”

L’attesa per un concerto di pianoforte è diversa da qualsiasi altro momento d’attesa. Si può respirare tensione, desiderio, amore.

Il teatro è piccolo, ma impiega del tempo a riempirsi. Le persone sono sedute, si guardano intorno, scattano qualche foto, ma poi sentono. Cala il silenzio.
Il teatro è piccolo ma quei trecento respiri si sono fermati, il cuore ha cominciato a battere più forte, cercando di non fare rumore.
Le luci si abbassano.
Suono di passi, ed esce lei: una giovane musicista con il suo violoncello tra le mani. Impeccabile e statuaria, si dirige verso la parte di palco a lei riservata.
Un’ombra, ed è la volta dell’effettista, un ragazzo dall’aria spaesata e nervosa che prende posto al lato opposto della giovane, tra la sua tastiera e il computer.
È adrenalina, arriva il Maestro.

Ho amato per molto tempo quel suo modo di suonare così intellettuale ed astratto, le sue note che danzano. Stasera ho potuto amare il pianista, la persona che si cela dietro la Musica, un uomo che lascia trasparire dignità da ogni sguardo, ogni gesto. Si posiziona sul suo sgabello (altissimo!), respira, e la concentrazione prende il sopravvento sul suo volto. Il silenzio è ormai assordante. 
È ora. Nasce il suono.

L’incantesimo prende vita, i tre musicisti non si guardano ma suonano insieme. Due, tre, quattro brani, e ho varcato la soglia di casa. Il Maestro prende il microfono e racconta la sua Musica. Il mare, le perle che popolano il fondale, i binari del treno come un pentagramma e la lucina blu che rimaneva accesa nelle cuccette, durante i suoi viaggi in Sicilia. Il pellegrinaggio verso le abitazioni dei grandi compositori: Mozart, Beethoven, Puccini, Händel. Un cammino intrapreso per poter ascoltare le mura che avevano accolto tali uomini. La sua concezione d’infinito, la sensibilità verso la Natura, l’importanza assoluta del Silenzio.

Il pianista parla, ed io non posso che perdermi nelle sue parole aggraziate, nei suoi gesti lenti, nei movimenti leggeri.
Il pianista suona, ed io capisco ancora una volta che solo in questo modo posso sentirmi compiuta.

La luce è su di lui, un fascio che dall’alto inonda la sua persona e quel bellissimo
Steinway a coda.
Poi accade: uno dei suoi capelli argentati si posa sulla giacca nera. È impietosamente illuminato da quel raggio luminoso che lo fa brillare come il filo di un tessuto prezioso. È solo grazie a lui se me ne sono resa conto. La fragilità dell’uomo, la sua caducità. Quel filo d’argento mi ha sfiorato la mano tremante. È l’uomo a morire, non la Musica. Lei non ha età né Paese, Lei non si dissolve, non appartiene a nessuno, non accetta regole. Siamo noi, puntini frenetici nella giungla di suono e rumore, noi che ci crediamo immortali! Siamo noi a scomparire, noi, così impotenti. E Lei ci sorride beffarda, ma con amore:
“Io non morirò mai!”


Veronica.