domenica 31 luglio 2011

Tre cavalli - Erri De Luca

Questi scatti nascono dall’esigenza di dare forma alle sensazioni nate leggendo Tre cavalli, di Erri De Luca. L’idea è quella di trasmettere un po’ dell’atmosfera, dei colori e dei sapori che si scoprono tra le pagine di questo libro. Non una rappresentazione testuale, non una storia illustrata. Solo un tentativo di far saggiare il testo a chi non l’avesse mai letto, e di rievocare qualche immagine a chi, come me, ne è rimasto colpito.




"Leggo solo libri usati perché le pagine molto sfogliate e unte dalle dita pesano di più negli occhi, perché ogni copia di libro può appartenere a molte vite e i libri dovrebbero stare incustoditi nei posti pubblici e spostarsi insieme ai passanti che se li portano dietro per un poco e dovrebbero morire con loro, consumati dai malanni, infetti, affogati giù da un ponte insieme ai suicidi, ficcati in una stufa d’inverno, strappati dai bambini per farne barchette, insomma ovunque dovrebbero morire tranne che di noia e di proprietà privata,, condannati a vita in uno scaffale."




"Al giardino Selim viene per le mimose e per parlare un po’ del suo paese dove si va scalzi e per questo si parla volentieri. Quando tu metti le scarpe non parli, questo pensa di noi. Senza la nuda pianta del piede sopra il suolo, noi siamo isolati, dice la sua lingua che deve avere dentro una lisca d’argento per essere così sonante. È verità, dico, è puro amen: tutta la nostra storia è una scarpa che ci stacca dal suolo del mondo. "




"(Selim) dice: qui da voi si fabbrica con acqua dalla terra. Prendete acqua da un pozzo, da una fontana, da un fiume. Da noi si fabbrica con acqua di cielo. La raccogliamo e quando ne abbiamo un poco, impastiamo con quella. Le nostre case sono fatte di pioggia, sono più nuvole che case. E ride Selim, ride sulle case del mondo. "




"Io conosco le vite che durano un giorno e arrivare a notte è già morire vecchi." 










Veronica.

venerdì 8 luglio 2011

Autoritratto d'estate


Sono uscita senza sapere come, dove, perché.
Sentivo solo l’irrefrenabile bisogno di correre.

Luoghi familiari, sempre uguali,
mutevoli solo nel lento susseguirsi delle stagioni.

Ma oggi gli occhi sono diversi,
e si può scoprire il nuovo.




Il Sole consuma piano i suoi raggi,
le nuvole lasciano spazio alla sua luminosa maestosità.

Una curva ancora,
devo vedere al di là.






Rubare un pezzetto di vita al cielo che mi scalda,
bagnarmi gli occhi con il profumo dell’erba,
ascoltare il respiro della terra.







Continuare a pedalare.





V.